SANTA “MAMMA” MONICA

Alle mamme in difficoltà mamma Monica è di aiuto e di conforto, di speranza e di esempio. Il figlio Agostino le riconobbe il grande merito della propria conversione grazie alle sue preghiere e alle tante lacrime versate. Nelle Confessioni, scrive: “Non è possibile che un figlio di tante lacrime perisca”. E le lacrime erano di Monica e il figlio era lui, Agostino. Monica nacque a Tagaste nell’odierna Algeria del nord, nell’anno 331, da genitori cristiani preoccupati di dare una educazione cristiana ai figli come molti genitori oggi. Monica non era nata santa, lo diventò con pazienza, con costanza ed umiltà. Nella sua vita non riscontriamo, come in altre sante, una perfezione evangelica fin da fanciulla. Aveva i propri difetti e difficoltà che seppe superare. Sposa un certo Patrizio, romano, dal quale avrà tre figli. Questi non era cristiano, aveva un carattere violento e non era nemmeno fedele. Una donna non di fede avrebbe invocato la separazione o il divorzio ma  Monica no, voleva rimanere fedele al proprio matrimonio (“nella buona e nella cattiva sorte”). Una delle battaglie che vinse fu quella del marito. Battaglia paziente, dolorosa, lunga, ma vittoriosa culminata nella conversione del marito che morirà nel 371, dopo essere diventato buon cristiano grazie alla preghiera incessante, alle lacrime e alla pazienza della moglie. Scrisse Agostino: “Così non ebbe più da piangere quelle sue infedeltà che aveva dovuto tollerare quando egli non era ancora credente”. Ma la più grande sofferenza e infine la più grande gioia per Monica arriveranno dal figlio Agostino. L’aveva educato cristianamente, con la parola e con l’esempio e gli aveva insegnato ad amare il nome di Gesù, che malgrado le idee filosofiche ed esistenziali, non dimenticherà mai. 
Agostino anche se molto intelligente dava molte preoccupazioni alla madre. Nel 371 lo manderà a Cartagine a proseguire gli studi e qui Agostino va a  convivere con una donna che gli regalerà un figlio, Adeodato. Per Monica fu un duro colpo: il figlio era lontano dagli insegnamenti avuti e dalle regole cristiane (era passato all’eresia manichea). Nel 375 Agostino si trasferisce a Cartagine per insegnare eloquenza e dopo l’incontro col vescovo manicheo Fausto, entra in piena crisi filosofica. Monica lo invita ogni giorno al ritorno alla vera fede, piangendo e pregando per la conversione del figlio.  Agostino scappa da lei e si imbarca per Roma (383) dove insegnerà eloquenza e retorica. Ottiene un posto di insegnante a Milano e la mamma lo segue fino alla sua nuova residenza, sostenuta da tanto amore e tante lacrime che le davano forza nel viaggiare per inseguire il figlio Agostino;  dopo aver viaggiato con il mare in tempesta, arriva nell’anno 385 a Milano, accompagnata da Navigio, fratello di Agostino. 
Qui la Mano Provvidenziale di Dio fa incontrare loro il vescovo  Ambrogio “un uomo di Dio”, e un “vescovo noto in tutto il mondo”. Eseguono le sue omelie rimanendo impressionati . Ambrogio predica e Monica prega tantissimo dedicandosi alla carità  mentre  Agostino passava di crisi in crisi e di filosofia in filosofia, dal manicheismo allo scetticismo, dai neo accademici e ai neoplatonici. Ma la grazia  di Dio si appresta a concedere un grande miracolo. La sospirata conversione di Agostino arriva alla fine del 386 con il battesimo suo (e del figlio Adeodato) per mano del vescovo Ambrogio nella Pasqua del 387. Finisce la sofferenza di  Agostino nella ricerca della verità aiutato da tante preghiere e lacrime di Monica per lui. Alcuni mesi dopo il battesimo decidono di tornare in patria. Arrivati ad Ostia madre e figlio convertito hanno la famosa estasi di cui si parla nelle Confessioni. E’un piccolo saggio di Dio e assaggio di vita eterna, che cambia loro la visione della vita. Così Agostino riferisce le ultime parole della madre: “C’era una cosa sola per la quale desideravo rimanere un poco su questa terra: vederti cristiano cattolico prima di morire. Dio me lo ha concesso abbondantemente, perché ti vedo divenuto suo servo che addirittura disprezza la felicità terrena. Che cosa dunque sto a fare qui?”. Muore poco dopo  a Ostia, all’età di 56 anni, mentre Agostino ne ha 33, e sta per cominciare la sua prodigiosa opera. Grazie alla perseveranza, alla pazienza, al coraggio, alle preghiere e alle “tante lacrime” di una grande donna e di una grande madre Agostino si converte divenendo come San paolo tutto d Dio. Monica è una mamma che ha incarnato quasi tutti i sette doni dello Spirito Santo, mamma sapiente, intelligente, saggia nei consigli, forte, piena di pietà e timorata di Dio. Monica è la mamma che ha saputo incarnare quasi tutte le sette opere di misericordia spirituale consigliando un figlio dubbioso, peccatore, afflitto nella sua ignoranza di fede, talvolta molesto. Monica ha saputo incarnare le tre virtù teologali della fede, della speranza e della carità e le quattro cardinali come prudenza , giustizia, fortezza e temperanza. Pochi giorni dopo l’estasi di Ostia  che da loro un assaggio di Paradiso, Monica si ammala e si prepara all’incontro con Dio al quale era molto legato. Non ha paura di morire e raccomanda ai presenti che si ricordassero di lei nell’Eucarestia. Morendo lontano dalla sua patria dice: “Nulla è lontano da Dio, e non c’è da temere che alla fine del mondo egli non ritrovi il luogo da cui risuscitarmi” (Dalle Confessioni 9).

Le parole scritte da Sant’Agostino nelle confessione non possono non essere riportate per intero: “pochi giorni prima che lei morisse... accadde per misteriosa disposizione che ci trovassimo lei ed io soli... C’era un grande silenzio... Parlavamo soavissimamente, dimentichi del passato e protesi verso l’avvenire. Ci domandavamo, davanti alla presenza della verità e cioè di te, o Signore, quale fosse mai quella vita eterna dei beati che “nessun occhio vide, nessun orecchio udì, che rimane inaccessibile alla mente umana”. Aprivamo il nostro cuore al fluire celeste della fonte della vita che è in te, per esserne un poco irrorati, per quanto era possibile alla nostra intelligenza, e poterci così formare un’idea di tanta sublimità. Eravamo giunti alla conclusione che qualsiasi piacere dei sensi del corpo, anche nel maggior splendore fisico, non solo non deve essere paragonato alla felicità di quella vita, ma nemmeno nominato; ci rivolgemmo poi con maggior intensità d’affetto verso l’“Ente in sé”, ripercorrendo a poco a poco tutte le creature materiali fin su al cielo da cui il sole, la luna e le stelle mandano la loro luce sulla terra. E la nostra vista interiore si spinse più in alto, nella contemplazione, nell’esaltazione, nell’ammirazione delle tue opere; e arrivammo al pensiero umano, e passammo oltre, per raggiungere le regioni infinite della tua inesauribile fecondità, nelle quali nutri Israele con il cibo della verità, dove la vita è la sapienza che dà l’essere a tutte le cose presenti, passate e future: ed essa non ha successione, ma è come fu, come sarà, sempre. Anzi meglio, non esiste in lei un “fu”, un “sarà”, ma solo “è”, perché è eterna: il fu e il sarà non appartengono all’eternità. (Confessioni X). Una figura di santità che ha generato altra santità in quel duale a cui chiama il Signore come Marta e Maria, Francesco e Chiara, Benedetto e Scolastica etc. Una grande figura di mamma che insegna tanto ancora oggi.

Giampiero Scarpino

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