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Gioacchino da Fiore - fonte wikipedia

 
«… e lucemi dallato, il calavrese abate Giovacchino  di spirito profetico dotato»(Dante AlighieriParadiso, Canto XII, vv. 139-141)

Gioacchino da Fiore (Celico1130 circa – Pietrafitta30 marzo 1202) è stato un abateteologo e scrittore italiano.È venerato da parte dei florensi e dei gesuiti bollandisti. È in atto ufficialmente la causa di beatificazione da parte della Chiesa cattolica, avviata dall'Arcidiocesi di Cosenza-Bisignano, che ha nominato don Enzo Gabrieli postulatore della causa di canonizzazione.[1]BiografiaLe condizioni economiche della famiglia di Gioacchino erano agiate; il padre Mauro, infatti, era tabulario o notaio. In passato si era ritenuto che la famiglia avesse origini ebraiche, forse per spiegare l'atteggiamento benevolo di Gioacchino nei confronti dell'Ebraismo.Gioacchino nacque a Celico, un paesino silano rientrante nel Ducato di Puglia e Calabria (attualmente in provincia di Cosenza), intorno al 1130; la sua casa natale[2] viene collocata storicamente dove sorge attualmente la chiesa dell'Assunta, edificata sicuramente prima del 1421 sul perimetro della casa natale dell'abate Gioacchino. Ricevette le prime nozioni di educazione scolastica nella vicina Cosenza. Ben presto fu mandato dal padre a lavorare, sempre a Cosenza, presso l'ufficio del Giustiziere della Calabria. A causa di contrasti insorti sul posto di lavoro, andò a lavorare presso i Tribunali di Cosenza. In seguito il padre riuscì a fargli ottenere un posto presso la corte normanna a Palermo, dove lavorò prima a diretto contatto con il capo della zecca, poi presso il Cancelliere di Palermo, arcivescovo Stefano di Perche. ma entrato in contrasto pure con questi, fu accomodato con i notai del re: prima con Pellegrino, partecipando a una ambasceria ad Amona della Morea, e in seguito fece un viaggio in Puglia con il notaio Santoro. Entrato in crisi si allontanò definitivamente dalla corte reale di Palermo per compiere un viaggio in Terrasanta.Forse nel corso di questo viaggio maturò un profondo distacco dal mondo materiale per dedicarsi allo studio delle Sacre Scritture. Al ritorno in patria Gioacchino si ritirò dapprima in una grotta nei pressi di un monastero posto sulle falde del monte Etna, poi tornò con un suo compagno a Guarassano, nei pressi di Cosenza. Qui fu riconosciuto e costretto ad incontrare il padre, che lo aveva dato per disperso. Al padre confessò di aver smesso di lavorare per il re normanno per servire il Re dei Re (cioè "il Signore Dio nostro")se per circa un anno presso l'abbazia di Santa Maria della Sambucina, da cui si allontanò per andare a predicare dall'altra parte della valle, vivendo nei pressi del guado Gaudianelli del torrente Surdo, vicino a Rende.Poiché al tempo la predicazione di un laico non era ben accetta, Gioacchino compì un viaggio fino a Catanzaro, dove il vescovo locale lo ordinò sacerdote. Durante il tragitto da Rende a Catanzaro si fermò nel monastero di Santa Maria di Corazzo, dove incontrò il monaco Greco che lo pose davanti alla parabola dei talenti, rimproverandolo di non mettere a frutto le sue doti. Tornò a predicare nuovamente a Rende, con l'abito di sacerdote. Poco tempo dopo vestì l'abito monastico, entrando nel monastero di Santa Maria di Corazzo. Questa abbazia benedettina, guidata dal beato Colombano, aspirava a seguire la regola cistercense.

Elezione ad abateSecondo le fonti più accreditate, nel 1177 Giovanni Bonasso venne eletto abate di Santa Maria di Corazzo, ma rinunciò, scappando dapprima nel monastero della Sambucina, poi nel monastero del legno della croce di Acri. Gioacchino non ambiva a diventare abate, ma a studiare le Sacre Scritture. Amministratori laici, riunitisi con lui a Sambucina, lo convinsero ad accettare la carica di abate di quel monastero, all'epoca poverissimo. A Corazzo l'abate Gioacchino cominciò a scrivere la prima delle sue opere, La Genealogia, impiegando come suoi scribi frate Giovanni e frate Nicola.

I ruderi dell’abbazia di Corazzo

I

n qualità di abate compì un viaggio all'abbazia di Casamari tra il 1182 e il 1184. Teologo e scrittoreDurante questo periodo incontrò il papa Lucio III, che gli concesse la licentia scribendi. Con l'aiuto degli scribi Giovanni, Nicola e Luca, iniziò già a Casamari la stesura delle sue opere principali: la Concordia tra il vecchio e il nuovo testamento e l'Esposizione dell'Apocalisse. In quello stesso periodo Gioacchino interpretò innanzi al papa una profezia ignota, trovata tra le carte del defunto cardinale Matteo d'Angers. Da qui scaturì l'incoraggiamento del pontefice Lucio III a scrivere le sue opere.Nel 1186-1187 si recò a Verona, dove incontrò il papa Urbano III. Al ritorno si ritirò a Pietralata, una località sconosciuta, abbandonando definitivamente la guida dell'abbazia di Corazzo. I suoi monaci non tolleravano il suo girovagare e lo stare sempre distante dall'abbazia e pertanto fecero una petizione per risolvere la questione presso la Curia romana. A seguito di ciò, nel 1188 ottenne l'affiliazione dell'abbazia di Corazzo all'abbazia di Fossanova e il papa Clemente III lo prosciolse dai doveri abbaziali, autorizzandolo a continuare a scrivere.etralata e protomonastero di Fiore VeterA Pietralata da lui ribattezzata Petra Olei[3], luogo ancora non inconfutabilmente localizzato, secondo alcuni una contrada nei pressi di Marzi-Rogliano, secondo altri storici sarebbe l'odierno monte petrara nei pressi della cistercense abbazia di Sant'Angelo de Frigillo Mesoraca KR, per la presenza in loco di secolari ulivi, l'abate di Corazzo si ritirò per continuare le sue scritture. In questo ameno luogo cominciarono a pervenire molti seguaci, il primo fu Raniero da Ponza, che in seguito fu legato apostolico in Francia e Spagna sotto papa Innocenzo III. Pietralata divenne presto un luogo incapace di ospitare la moltitudine di gente che accorreva a sentire Gioacchino; pertanto nell'autunno del 1188 Gioacchino salì in Sila alla ricerca di un territorio che si potesse abitare. Dopo varie perlustrazioni, si fermò nel luogo oggi denominato Jure Vetere Sottano, attualmente nel comune di San Giovanni in Fiore[4]. A sei mesi di distanza dalla perlustrazione, abbandonò Pietralata e si trasferì con i suoi discepoli in Sila sul luogo prescelto. Pietralata è un luogo avvolto nel mistero e ancora oggi non identificato con sufficienti certezze.Dopo sei mesi dal trasferimento, il re Guglielmo il Buono morì e gli subentrò sul trono normanno Tancredi, già conte di Lecce. Furono proprio i funzionari di Tancredi a contestare a Gioacchino l'insediamento in Sila, per cui l'abate dovette recarsi a Palermo (primavera 1191) per discutere con il nuovo re. Dopo un complesso confronto tra i due, durante il quale Tancredi propose all'abate di trasferirsi presso l'abbazia della Matina «allora in stato di grave declino» (proposta rifiutata in maniera decisa da Gioacchino), gli fu concesso di restare in Sila[5], nel luogo prescelto, facendogli dono di un vasto tenimento posto nelle adiacenze, aggiungendo 300 pecore e 30 some di grano per il sostentamento della comunità religiosa. Da qui in avanti cominciò a costruire il protomonastero di Fiore Vetere.Nel 1194, dopo la morte di Tancredi, subentrò nel regno Enrico VI, figlio di Federico Barbarossa, il quale concesse a Gioacchino un vasto tenimento in Sila e privilegi sovrani su tutta la Calabria.

I ruderi di Fiore Vetere

La Congregazione florense

Miniatura di Giocchino da Fiore nel codice Chigiano, Biblioteca Apostolica Vaticana

In questo periodo, dopo il diploma concesso da Enrico VI, Gioacchino fondò i monasteri di Bonoligno e Tassitano e acquisì altri monasteri già italo-greci. Forte del patrimonio terriero ed ecclesiale acquisito, Gioacchino si recò a Roma ricevendo da papa Celestino III l'approvazione della Congregazione florense e dei suoi istituti il 25 agosto del 1196.

florensi continuarono a colonizzare il territorio assegnato e, affinché Fiore venisse articolato secondo lo schema della Tav. XII, misero a coltura i territori di Bonolegno e di Faradomus, facendosi aiutare molto probabilmente da gruppi di laici che condividevano il progetto del novus ordo. Pertanto, con le acque del fiume Garga, attraverso il canale cosiddetto badiale, fecondarono dapprima Bonolegno e poi Faradomus. Da qui insorsero delle liti con i monaci greci del monastero dei tre fanciulli, ubicato in prossimità di Caccuri, che contestarono ai florensi l'occupazione di territori che secondo loro detenevano da tempi immemorabili. I poveri florensi furono bastonati, malmenati e gli edifici in costruzione distrutti. Tuttavia l'azione di costruzione dell'insediamento non si fermò, fintanto che l'abate rimase in vita.

Teca contenente i resti di Giocchino da Fiore, Abbazia Florense (San Giovanni in Fiore)

Gioacchino morì il 30 marzo 1202 presso Canale di Pietrafitta[6] e fu seppellito nel monastero florense della Chiesa di San Martino di Ioue (Tour) in Canale. I suoi resti furono traslati nell'Abbazia Florense verso il 1226, quando la grande chiesa era ancora in costruzione. L'abate Matteo Vitari, successore di Gioacchino, continuò l'opera ampliando le fondazioni florensi; nel periodo del suo abbaziato (1202-1234), l'ordine florense vantava oltre cento filiazioni, tra abbazie, monasteri e chiese, ognuna dotata di ampi tenimenti-tenute e possedimenti vari, sparsi in Calabria, PugliaCampaniaLazioToscana e rendite che provenivano anche dalle lontane terre di InghilterraGalles e Irlanda.

I grandi benefattori dell'abate Gioacchino e dell'Ordine florense[modifica | modifica wikitesto]

La Congregazione florense prima e l'Ordine florense poi (1184-1266) ebbero molti benefattori; fra i tanti vale la pena ricordare: Signore di Oliveti: diede a Gioacchino (1184-1190) la possibilità di vivere nel ritiro di Pietralata. Tancredi il Normanno: concesse a Gioacchino (1190) il Locum Floris, il Tenimentum Silae, 300 pecore e 112,5 quintali di grano annui. Enrico VI di Svevia: concesse a Gioacchino (1194) il Tenimentum Floris e tanti privilegi imperiali. Gilberto, vescovo di Cerenzia: concesse (1195) il tenimento Montemarco con la relativa abbazia e filiazioni dipendenti. Celestino III: riconobbe nel 1196 la Congregazione florense e i suoi istituti religiosi. Costanza d'Altavilla: ratificò a Gioacchino (1198) tutti i beni posseduti dal Monasterio Sancti Johanni de Flore.Umfredo Colino e Simone de Mamistra, Giustiziere Regio della Calabria: concessero a Gioacchino (1200) la tenuta di Caput Album (capo Arvo).Ugolino, cardinale prete di S. Lorenzo in Lucina, Legato Apostolico in Sicilia: concesse a Gioacchino (1200) la tenuta Albetum in Caput Gratium (Albeto di Capo Crati).Federico II di Svevia: concesse a Gioacchino (1200) le tenute Caput Album e Caput Gratis Andrea, arcivescovo di Cosenza: concesse (1201) a Gioacchino la chiesa di San Martino di Jove in Canale (Pietrafitta).Stefano, vescovo di Tropea, Gattegrima e Simone de Mamistra (Giustiziere Regio della Calabria), signori di Fiumefreddo: concessero a Giacchino (1201) la chiesa di Santa Domenica, con tutte le sue dipendenze, compreso i tenimenti Flumen Frigidum e Barbaro.

Culto

I seguaci di Gioacchino, subito dopo la sua morte, raccolsero la biografia, le opere e le testimonianze dei miracoli ottenuti per sua intercessione per proporne la canonizzazione. Questo primo tentativo probabilmente abortì a seguito delle disposizioni del Concilio Lateranense IV, che nel 1215 dichiarò eretiche alcune frasi contro Pietro Lombardo contenute in un libello accreditato ingiustamente a Gioacchino da Fiore. Tuttavia la seconda Costituzione Conciliare sull'errore dell'abate Gioacchino dichiarò anche: "Con ciò, però, non vogliamo gettare un'ombra sul monastero di Fiore, in cui lo stesso Gioacchino è stato maestro, poiché ivi l'insegnamento è regolare e la disciplina salutare. Tanto più che lo stesso Gioacchino ci ha inviato tutti i suoi scritti perché fossero approvati o corretti secondo il giudizio della Sede apostolica. Ciò egli fece con una lettera, da lui dettata e sottoscritta di proprio pugno, nella quale egli confessa senza tentennamenti di tenere quella fede che ritiene la chiesa di Roma, madre e maestra, per volontà di Dio, di tutti i fedeli" (Cost. 2).

Dante Alighieri (1265-1321), nella Divina Commedia, inserisce Gioacchino da Fiore nel paradiso (canto XII, versi 139-141), tra la schiera dei beati sapienti, corrispondenti agli odierni dottori della Chiesa, accanto ai santi Bonaventura da BagnoregioRabano Mauro e Tommaso d'Aquino. Da ciò si desume il chiaro giudizio di Dante, emesso 110 anni circa dopo la morte dell'abate calabrese.

Un secondo tentativo d'avvio della canonizzazione fu compiuto nel 1346 dall'abate Pietro del monastero florense, che si recò ad Avignone per portare al Sommo Pontefice tutta la documentazione relativa alle grazie e ai miracoli ottenuti tramite l'abate Gioacchino, sia durante la sua vita sia dopo la sua morte.

È risaputo che i cistercensi venerarono come beato l'abate Gioacchino, elaborandone perfino l'antifona per il 29 maggio. Si ritiene che ciò sia avvenuto dopo il 1570, quando i florensi furono fatti confluire nella Congregazione cistercense calabro-lucana. I gesuiti bollandisti nel loro calendario liturgico e nel loro messale avevano incluso l'abate Gioacchino come beato, fissando per lui nell'anno due festività celebrative.

Il 20 luglio 1684 il vescovo di Cosenza, Gennaro Sanfelice, denunciò all'Inquisizione i monaci cistercensi di San Giovanni in Fiore poiché tenevano continuamente accesa una lampada sull'altare vicino al sepolcro dell'abate Gioacchino. Tale denuncia causò una serie di problemi relativi al culto e alle reliquie.

All'approssimarsi dell'VIII centenario della morte dell'abate Gioacchino, il 25 giugno 2001 l'Arcidiocesi di Cosenza-Bisignano iniziò nuovamente l'iter per la canonizzazione. Ad oggi risulta conclusa la fase diocesana, e si è passati a quelle successive.

Opera di Gioacchino

Dialogi de prescientia Dei

Gioacchino, esortato da papa Lucio III, mise per iscritto la sua originale interpretazione delle Sacre Scritture.
Le sue opere principali sono: Concordia Novi ac Veteris Testamenti , Expositio in Apocalypsim, Psalterium decem chordarum.

A queste vanno aggiunte:

  • Adversus Iudaeos[7] - edizione Adversus Iudeos, Fonti per la storia d'Italia 95, Roma, Istituto storico italiano per il Medio Evo Roma, 1957. URL consultato il 30 aprile 2015.
  • Apocalypsis Nova
  • De Articulis Fidei - edizione De articulis fidei, Fonti per la storia d'Italia 78, Roma, Tipografia del Senato, 1936. URL consultato il 30 aprile 2015.
  • De prophetia ignota
  • De Septem Sigillis
  • Dialogi de Praescientia Dei et de praedestinatione electorum - edizione Dialogi de prescientia Dei et predestinatione electorum, Fonti per la storia dell'Italia medievale. Antiquitates 4, Roma, Istituto storico italiano per il Medio Evo Roma, 1995. URL consultato il 30 aprile 2015.
  • Enchiridion super Apocalypsim
  • Epistulae
  • Inteligentia super calathis ad abbatem Gaufridum
  • Testamentum
  • Universis Christi fidelibus
  • Exhortatorium Iudeorum
  • Genealogia
  • Liber Figurarum (scoperto da Leone Tondelli nel 1937)
  • Poemata duo (Visio admirandae historiaeHymnus de patria coelesti)
  • Prefatio in Apocalypsim
  • Professio fidei
  • Quaestio de Maria Magdalena
  • Sermones
  • Soliloquium
  • Tractatus super quattuor Evangelia - edizione Tractatus super quatuor evangelia, Fonti per la storia d'Italia 67, Torino, Bottega d'Erasmo, 1966. URL consultato il 30 aprile 2015.
  • Tractatus in expositionem et regulae beati Benedicti
  • Ultimis Tribulationibus

Sono inoltre conosciuti:

  • Testi apocrifi:
    • Liber contra Lombardum
    • Super Hieremiam
    • Praemissiones e Super Esaiam
    • De oneribus prophetarum
    • Expositio super Sibillas e Merlino
    • Vaticinia de Summis Pontificibus (di dubbia provenienza)
  • Altri manoscritti vari, chiamati Opuscoli.

Le intuizioni di Gioacchino da Fiore

Busto di Gioacchino da Fiore, Abbazia Florense (San Giovanni in Fiore)

Secondo Gian Luca Potestà nella sua recensione a Refrigerio dei Santi, Gioacchino da Fiore, "segna comunque una svolta nella coscienza escatologica medievale, in quanto è il primo a rompere il "tabù agostiniano" riguardo ad Apocalisse 20 e ad avanzare, in modo cauto ma netto l'idea che la ligatio Sathane per annos mille vada riferita al tempo imminente di pace terrena, situato fra la prossima venuta dell'Anticristo e le persecuzioni finali di Gog e Magog." Sulla stessa linea si pone Robert E. Lerner che evidenzia come il teorema di Sant'Agostino, della suddivisione della storia in tre periodi: Ante legemsub legesub gratia, viene rivisto da Gioacchino che introduce nel dramma il quarto atto: Itaque tempus ante legemsecundum sub legetertium sub evangelioquartum sub spiritali intellectu", dimostrando così la sua straordinaria originalità interpretativa delle Sacre Scritture.

Gioacchino da Fiore tra le tante ebbe tre interessanti e originali intuizioni.

  • Ha cercato e provato che esistono diverse forme di concordia tra l'Antico e il Nuovo Testamento, il primo indissolubilmente legato al periodo del Padre, il secondo indissolubilmente legato al periodo del Figlio. Da questo concetto, noto come modello "binario della teologia della storia", data la piena proporzionalità da lui riscontrata, intuisce la possibilità di "proiettare con fiducia il corso della storia cristiana oltre l'età apostolica sino al presente, e da qui verso il futuro" (Lerner). Sulla base di questo sistema di concordanza tra i due Testamenti, attraverso lo studio accurato delle Scritture, ritiene di poter scrutare nel futuro, assicurando che i due Testamenti assicuravano le medesime certezze. Dopo di che passa ad interpretare l'Apocalisse, l'ultimo libro del Secondo Testamento, e anche qui ritrova a suo modo di dire la continuità dell'intera storia della chiesa, passata, presente e futura. Gioacchino ha sempre sostenuto a chiare lettere di essere un interprete ispirato della Scrittura, piuttosto che un profeta, egli, infatti, rifuggì dal rappresentare il tempo finale con parole diverse da quelle direttamente tratte dalla Scrittura.
  • Da questo concetto binario, Gioacchino elabora un "modello ternario", connesso strettamente alla santissima Trinità, dimostrandolo con alcuni concetti fondamentali attraverso l'analisi teologico-iconografica delle lettere "ALFA" e "OMEGA".
  • Dallo sviluppo di queste due concezioni basilari Gioacchino approdò allo sviluppo dei concetti riferiti alle "tre Età della Storia terrena", sostenendo che se c'era stato il tempo in cui ha operato prevalentemente il Padre e il tempo in cui ha operato prevalentemente il Figlio, allora doveva esserci anche un tempo in cui opererà prevalentemente lo Spirito Santo, che procede dal Padre e dal Figlio. La scansione del tempo che l'abate di Fiore elabora si basa sulle tre epoche fondamentali:
    • Età del Padre: corrispondente alle narrazioni dell'Antico Testamento, estesa nel tempo che va da Adamo ad Ozia, re di Giuda (784-746);
    • Età del Figlio: rappresentata dal Vangelo e compresa dall'avvento di Gesù, estesa nel tempo che va da Ozia fino al 1260;
    • Età dello Spirito Santo: estesa nel tempo che va dal 1260 fino alla fine del "millennio sabbatico", ovvero quel periodo in cui l'umanità attraverso una vita vissuta in un clima di purezza e libertà avrebbe goduto di una maggiore grazia. In questa età, una nuova Chiesa tutta spirituale, tollerante, libera, ecumenica, prende il posto della vecchia Chiesa dogmatica, gerarchica, troppo materiale.[8]

L'età dello Spirito ricomprende le età precedenti in un regno dove i conflitti sono pacificati, le guerre eliminate e l'uomo rigenerato dallo svelamento dei misteri e - secondo alcune interpretazioni - il ricongiungimento di cristiani ed ebrei, fino ad ora divisi dalla parziale illuminazione di Primo e Secondo Testamento.

Con tale teorema Gioacchino estende il tempo della storia, proponendo la dilazione del tempo della salvezza. Gioacchino elabora pertanto, prima il modello dell'albero dei due avventi, poi i tre alberi, quello sviluppato nell'età del Padre, quello sviluppato nell'età del Figlio e quello che si svilupperà nell'età dello Spirito Santo. Gioacchino crede di vivere nella fase finale di una sesta età, cui ne seguirà una settima e ultima, tutta intrastorica, fatta dell'incremento dei doni dello Spirito fino al compimento del sabato eterno, stagione della pienezza della grazia donata.
Nell'età dello Spirito l'etica non ha più il carattere punitivo e rigido dell'età del Padre: il disvelamento è una progressiva apertura verso un Dio benevolente, essenzialmente Amore, in cui si muove da un Padre del Primo Testamento, che è giudice/Dio guerriero/padrone dell'uomo e della natura severo-vendicativo e misterioso/trascendente, al Figlio che dona la vita per la salvezza dell'uomo mostrandosi come Amore e Verità, allo Spirito che completa questa dimensione rivelata.

L'inesorabilità della storia, secondo Gioacchino, è data da un ossessionante computo delle generazioni, che a volte valgono un'estensione di tempo a volte no. Con questo meccanismo complesso elabora una sorta di "linea del tempo", che va dalla "Genesi" al "Giudizio Universale". I due capi segnano i confini estremi della storia della salvezza che si sviluppa all'interno di questa linea del tempo. Gioacchino si chiede quanto è lunga questa linea del tempo e a quale punto di questa linea egli si trova, quindi da qui sviluppa una serie di calcoli e combinazioni teologiche del tutto originali. Robert E. Lerner sostiene che "Nella sua visione, ciò poteva essere conseguito soltanto con lo studio il più approfondito della Scrittura ed egli si sentiva fiducioso che, mediante nuove strategie di lettura, sarebbe stato in grado di portare alla luce messaggi predittivi della Scrittura, che sino ad allora erano rimasti segreti". Tutta la sua attività ha finito per qualificarlo come un ambizioso pensatore cristiano, ricercatore irrefrenabile di parallelismi, allusioni e predizioni. Il filosofo Giovanni Giraldi sottolinea invece l'aspetto in cui Gioacchino da Fiore parla di Età dello Spirito riferendosi esplicitamente a un ordo spiritualis monachorum, una sorta di chiesa privilegiata di monaci - spiriti superiori - in seno alla Chiesa di Cristo, e quindi non una chiesa alternativa[9].

Nel suo Monasterium delinea una struttura sociale, ovviamente a carattere teologico, ma dove gli umani trovano la loro collocazione non in base al potere o al denaro o alla discendenza, ma in base alle loro tendenze, al loro carattere e al loro stato (persone contemplative, persone attive, persone dedite alla famiglia, anziani e deboli di salute, studiosi etc) e sotto la pacifica guida di un abate. Il Monasterium ipotizza una riforma radicale e una ristrutturazione che mette in crisi l'organizzazione della chiesa che condanna pubblicamente le sue idee e le sue opere nel concilio Lateranense del 1215: per l'affermazione di un disvelamento progressivo di Dio in tre epoche che mette in crisi l'idea dell'Unità delle Tre Persone divine, per la teoria di fondo secondo cui la verità non si esaurisce col cristianesimo, ma occorre un altro evento che ripari la storia, permettendo agli uomini di godere di un'età di perfezione.

Monasterium

All'interno dei suoi ossessionanti calcoli cronosofici e millenaristi Gioacchino da Fiore elabora anche uno schema di vita religiosa per il tempo futuro, quello dello Spirito, riassunto nella tavola XII del Liber Figurarum. Esso descrive una congregazione religiosa, raggruppata in un insediamento denominato Monasterium, formata da persone con diversa spiritualità, raggruppate sapientemente in sette oratori[1]:

  • Oratorio della Santa Madre di Dio e della Santa Gerusalemme: in tale oratorio si trova l'abate ,Oratorio di San Giovanni Evangelista: dedicato alla vita contemplativa ,Oratorio di San Pietro: dedicato agli anziani o ai deboli di salute, lavori manuali leggeri , Oratorio di San Paolo: dedicato allo studio , Oratorio di San Stefano: dedicato a chi ha inclinazione per la vita attiva ,Oratorio di San Giovanni Battista: per sacerdoti e clerici ,Oratorio del santo patriarca Abramo: per laici coniugati e le loro famiglie

Al Monasterium potevano quindi partecipare laici coniugati e non, clero secolare e conventuale, monaci spirituali. Tutti vivono sotto la guida di un unico abate che presiede l'istituto religioso, disponendo e regolando, per i gruppi e per ognuno, una sorta di scala d'accesso al Paradiso, da conquistare vivendo nella comunità. L'insediamento religioso è strutturato a modello di nuova Gerusalemme terrena con schema somigliante alla Gerusalemme dei cieli. Il Monasterium gioachimita delinea diversi aspetti comportamentali e sociali che rispettati saranno utili a varcare la porta d'accesso alla vita eterna. Il passaggio da un oratorio a un altro si conquista glorificando il Padre eterno, ognuno per le proprie possibilità e a seconda del grado spirituale concesso ad ogni singolo individuo da Dio. Il progresso spirituale non è precluso a nessuno, per cui tutti possono aspirare ad accedere al Paradiso.

Il modello proposto dal Monasterium rappresentò una rivoluzione per due aspetti:

  • esso affranca ampi strati della società sia dalla feudalità ecclesiastica sia da quella "baronale";
  • esso coinvolgeva tutti i modelli religiosi integrando nel Monasterium perfino i laici, che al tempo erano ai margini della vita religiosa e della società civile.

Questo modello monastico fu quindi osteggiato anche all'interno della chiesa del XIII secolo.

Diffusione del pensiero gioachimita

rasferì con i suoi discepoli in Sila sul luogo prescelto. Pietralata è un luogo avvolto nel mistero e ancora oggi non identificato con sufficienti certezze.

La complessa e innovativa teologia della storia generò tensioni, specialmente nella scuola teologica di Parigi, storicamente a lui avversa. Nel 1215, il Concilio Lateranense IV dichiarò eretiche alcune frasi contro Pietro Lombardo di un'opera sulla Trinità falsamente attribuita a Gioacchino. Da questo equivoco se ne generarono altri, fintantoché lo stesso Papa Innocenzo III con bolla del 2 dicembre 1216 informa il vescovo di Lucca di non infamare l'abate Gioacchino, giacché l'Abate è considerato dalla Curia Romana un vero Cattolico (eum virum catholicum reputamus). Con parole dello stesso tenore si espresse Papa Onorio III con la Bolla del 5 dicembre 1220 con cui dà mandato all'arcivescovo di Cosenza (Luca Campano) di difendere i Monaci Florensi dalle false accuse rivolte al loro fondatore.

Neo Gioachimiti e il Gioachimismo

Nei secoli, il pensiero di Gioacchino da Fiore è stato studiato, divulgato e diffuso. Si possono distinguere due gruppi di studiosi:

  • i gioachiniani e gioachimiti, che hanno rispettato fedelmente le opere originarie; gli pseudo gioachimiti o gioachimisti, che hanno recepito solo in parte le tesi proposte, spesso aggiungendo teoremi teologici estranei al pensiero originario.

Tra i più grandi sostenitori dell'abate calabrese furono certamente i monaci florensi che ne seguirono la dottrina e l'esempio, ma egli suscitò interesse anche presso alcuni monaci cistercensi tra i quali:

  • Luca Campano: il primo dei seguaci eloquenti, egli fu scriba dell'abate nell'abbazia di Casamari, poi abate della Sambucina e infine Arcivescovo di Cosenza; a lui si ascrive una “vita” di Gioacchino
  • Raniero Da Ponza: monaco vissuto a stretto contatto con Gioacchino, come “socio”, a Pietralata e a Fiore, tra il 1188 e il 1195; egli fu poi nominato da Papa Innocenzo III legato apostolico in Francia meridionale e Spagna e in quelle terre diffuse la teologia di Gioacchino da Fiore, spargendo in quelle terre diversi semi che germineranno nel corso del secolo XIII.
  • l'abate Matteo da Fiore de la Tuscia, che fu il suo primo successore e guidò la Congregazione Florense dal 1202 al 1234, finché non fu eletto arcivescovo di Cerenzia. Egli ebbe il merito di far copiare, ricopiare, ovvero duplicare tante volte tutte le opere di Gioacchino per diffonderle nei principali centri religiosi della penisola italiana e in tutta Europa. Se le opere di Gioacchino da Fiore sono giunte fino ai nostri giorni gran merito va all'abate Matteo da Fiore e agli scribi e amanuensi florensi che si adoperarono in questo immane lavoro di copiatura e duplicazione.

La teologia di Gioacchino grazie a questi tre uomini si diffuse rapidamente, specialmente presso i Francescani spirituali francesi e italiani in vario modo. Tra questi:

Tra gli altri, si avvicinarono al pensiero di Gioacchino ,Salimbene de Adam da Parma,l'inglese Ruggero Bacone (1214-1292),la suora dell'ordine delle Umiliate Guglielma la Boema (?-1282), la consorella Maifreda da Pirovano (?- 1300) e il teologo laico di questo gruppo milanese Andrea Saramita (?-1300),il francescano francese Pietro di Giovanni Olivi (1248-1298), che influenzò Giovanni di Rupescissa (Jean de Rochetaillade) (1300/1310-1366) e Giovanni di Bassigny. il provenzale Raymond Geoffroi, Ministro generale francescano (1289).Ubertino da Casale (1259-1330), immortalato nelle pagine di Dante, era insieme a Pietro di Giovanni Olivi in Santa Croce a Firenze dal 1287 al 1289.il pesarese Angelo Clareno (1247-1337), riconosciuto fondatore dei Fraticelli della vita povera, e i seguaci di quest'ultimo, amico di Ubertino da casale.Michele da Cesena (1270-1342) e Jacopone da Todi (1230-1306).l'eclettico spagnolo Arnaldo de Villanova (1234/1240-1312/1313)Francesco d'Appignano (Francesco della Marchia) (1285-90- dopo il 1344),l'inglese Guglielmo di Ockham (1280-1349),il francese Jean de Jandun (Giovanni di Janduno) (ca.1280-1328), Marsilio da Padova (ca.1270- circa1342),Bernard Délicieux (1260-1320),Gentile da Foligno, priore generale degli agostiniani nel 1332, Michele Berti da Calci (?-1389),Papa Celestino V(1215-1296),Cola di Rienzo (1314-1354),il sassone Federico di Brunswick, lo spagnolo Francesc Eiximenis (ca.1330-1409), Nicola di Buldesdorf (?- 1446), Girolamo Savonarola (1452-1498)

Certo quest'elenco è solo una piccola parte di un numero molto più folto di uomini colti che sono stati influenzati dalla sua teologia.

Nonostante molti francescani spirituali abbiano subito condanne e reclusioni come filo gioachimiti o ritenuti tali, l'influenza di Gioacchino nell'ordine dei fraticelli d'Assisi rimase viva, sia nella prima fase sia nei periodi successivi. La prova più eclatante è la presenza di Gioacchino nell'arte medievale:

  • Nell'apparato scultoreo e figurativo del Duomo di Assisi,  Nella Divina Commedia Gioacchino e le sue idee vengono citate direttamente o indirettamente diverse volte Paradiso, Canto XII, (vv. 140-141), la struttura urbanistica che i francescani dettero alle prime fondazioni americane, quali Puebla de Los Angeles, Veracruz, Los Angeles, ecc. la struttura compositiva elaborata da Michelangelo Buonarroti nella Cappella Sistina, secondo lo studio di H. W. Pfeiffer S.J.

Anche nella Chiesa cattolica contemporanea, specialmente dopo il Concilio Vaticano II, diversi osservatori individuano il fiorire della ecclesia spiritualis di concezione gioachimita. Secondo l'analisi accurata di Henri-Marie de Lubac, teologo gesuita e poi cardinale, fra questi protagonisti della storia recente influenzati dal gioachimismo abbiamo[10]papa Giovanni XXIII con la sua invocazione a <<una nuova Pentecoste», contrapponendo lo «spirito» del Concilio alla sua «lettera» e nuova Chiesa «spirituale» al posto di quella vecchia «carnale»; la <<Chiesa dei poveri>> del cardinale Giacomo Lercaro e del teologo don Giuseppe Dossetti, la corrente intellettuale dominante nel cattolicesimo italiano della seconda metà del secolo XX; Ignazio Silone su papa Celestino V, «figlio degli Abruzzi e di un cattolicesimo popolare impregnato di gioachimismo»; la "teologia della speranza" del gesuita Michel de Certeau e del protestante Jürgen Moltmann, ispirate dalle concezioni escatologiche di Ernst BlochBarack Obama fece del pensiero di Gioacchino da Fiore, un punto di riferimento: il presidente degli Stati Uniti d'America Barack Obama, nella stesura della sua tesi di laurea, lo citò a più riprese durante la sua campagna elettorale per le presidenziali[11], che definisce come "maestro della civilta' contemporanea" e "ispiratore di un mondo più giusto", usato non come citazione generica ma con specifico riferimento al moto "change we can", <<per indicare la necessità di un cambiamento radicale della storia.[...], citando il portabandiera di una società più giusta, e pensando all'apertura di un'epoca straordinaria, in cui lo spirito riuscirà a cambiare il cuore degli uomini>>[12]

Il Centro Internazionale Studi Gioachimiti cura l'edizione critica delle opere scritte da Gioacchino da Fiore, conservate in diversi codici manoscritti sparsi in diversi luoghi del mondo. Esso opera attraverso un Comitato Scientifico Internazionale e un Comitato Editoriale Internazionale e promuove ogni cinque anni un Congresso Internazionale di Studi a tema, relativo a Gioacchino dal Fiore e al Gioachimismo. A cadenza annuale stampa la rivista Florensia che contiene studi connessi a Gioacchino e al Gioachimismo.

Causa di Beatificazione e celebrazioni dell'VIII centenario della morte  Nel 2001 l'arcivescovo di Cosenza-Bisignano Giuseppe Agostino ha avviato le fasi preliminari per l'apertura dell'eventuale processo di canonizzazione. Attualmente il postulatore della Causa di Beatificazione e Canonizzazione, nominato dall'Arcivescovo di Cosenza-Bisignano, e il Sac. Enzo Gabrieli del clero della stessa arcidiocesi cosentina. In occasione dell'ottavo centenario l'Arcidiocesi ha costituito una Commissione di periti medici per la Ricognizione Canonica, una commissione storica e una commissione teologica per gli studi sull'Abate. Nello stesso anno il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha istituito il Comitato per le celebrazioni dell'VIII centenario della morte dell'Abate Gioacchino da Fiore per promuovere la conoscenza di Gioacchino e del suo pensiero. Il programma fu redatto da Cosimo Damiano Fonseca, Professore di Storia Medioevale all'Università degli Studi di Bari, Accademico dei Lincei e direttore del Comitato scientifico del Centro Internazionale Studi Gioachimiti. Il comitato che ha agito fino a giugno 2006, ha promosso tre congressi: il primo itinerante da Roma a San Giovanni in Fiore, passando per CasamariFossanovaAnagniCosenzaLuzzi e Pietrafitta, il secondo a Bari, il terzo a Palermo.

Il Comitato per le Celebrazioni ha anche promosso l'edizione della raccolta dei Codici Gioachimitil'Atlante delle Fondazioni Florensi, un libro sulle vicende dell'Ordine Florense, un altro relativo ai Vaticini, conservati presso la biblioteca del duomo di Monreale Gioacchino da Fiore e il Carattere Meridiano del Movimento Francescano in Calabria Editor il testo Luca Parisoli.

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